IL TRIBUNALE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nel procedimento penale a
 carico di Gazzani Maria Rosa a seguito  di  decreto  che  dispone  il
 giudizio  immediato  (art.  456  del  c.p.),  imputata  come  in atti
 (detenzione, spaccio stupefacenti continuati, artt. 81 del c.p., 71 e
 1 della legge n. 685/1975);
    Premesso  che  l'imputata  ha richiesto il giudizio abbreviato nel
 corso dell'indagine preliminare a sensi dell'art. 458,  primo  comma,
 del c.p.p., previo provvedimento di restituzione nei termini da parte
 del g.i.p. con ordinanza in data 1º marzo 1990 (f. 72)  (la  Gazzani,
 detenuta  in  custodia  cautelare,  non  aveva  osservato  l'onere di
 notifica al p.m. della propria  richiesta,  come  previsto  dall'art.
 458, primo comma, del c.p.p.) e rilevato che al riguardo il tribunale
 ha espresso la propria valutazione con l'ordinanza in  data  odierna,
 in  forza  della  quale  la  richiesta  dell'imputata  deve ritenersi
 rituale e tempestiva;
      che  il  p.m. ha espresso il proprio dissenso dalla richiesta di
 giudizio abbreviato in data 6 marzo 1990 (foglio 77), senza  motivare
 il  dissenso  medesimo;  e  che  il  g.i.p.  competente ha dichiarato
 "inammissibile") la richiesta di giudizio abbreviato in data 7  marzo
 1990 (fogli 79) in forza della inesistenza del "presupposto" del rito
 costituito dal consenso del p.m.;
    Rilevato  che  all'odierna  udienza  l'imputata  ha riformulato la
 richiesta di giudizio abbreviato e che il p.m. ha consentito a  detto
 rito speciale;
    Rilevato che le norme degli artt. 453 e seguenti in relazione agli
 artt. 438 e seguenti del c.p.p. non  consentono  l'instaurazione  del
 giudizio abbreviato quando il processo sia pervenuto al dibattimento,
 come e' dato desumere dalla previsione del termine  di  decadenza  di
 cui  all'art.  458, primo comma, del c.p.p., e dal sistema del codice
 secondo cui l'unico caso di giudizio abbreviato (per  cio',  infatti,
 detto in dottrina e in giurisprudenza "atipico") instaurabile in fase
 dibattimentale e' quello previsto dall'art. 452, secondo  comma,  del
 c.p.p. (su giudizio direttissimo);
      che,   pertanto,   dovrebbe,  nella  specie,  venire  dichiarata
 inammissibile la richiesta proposta dall'imputata, assentita dal p.m.
 in  udienza,  con  le  conseguenze  di  legge  in ordine alla pena da
 eventualmente irrogare non rientrando la dedotta questione tra quelle
 proponibili ex art. 491, primo comma, del c.p.p.;
      Considerato,  altresi',  che  sulla base delle norme vigenti, in
 presenza (allora) del dissenso del p.m., il g.i.p. non poteva se  non
 decidere  come  ha  deciso,  disponendo  cioe' il giudizio immediato,
 talche' questo tribunale non puo', allo stato delle norme,  in  alcun
 modo  dissentire dalla decisione presa sul punto dal g.i.p. Per vero,
 se anche si  volesse  ritenere  gia'  oggi  sindacabile  un  dissenso
 immotivato  del  p.m., non ne discenderebbe necessariamente che detto
 potere di sindacato debba venire riconosciuto al g.i.p.  anziche'  al
 giudice   dibattimentale  ed  eventualmente  soltanto  all'esito  del
 dibattimento;
    Ritenuto  che, conclusivamente, nella fattispecie, il solo modo di
 introdurre il rito abbreviato in  questa  sede  passa  attraverso  la
 possibilita'  di  sindacare il dissenso a suo tempo espresso dal p.m.
 sulla  richiesta  dell'imputata,  possibilita'  attualmente  esclusa,
 anche  dopo  le  sentenze  della  Corte  costituzionale  n. 66/1990 e
 183/1990, nessuna delle quali ha inciso sulle norme degli artt. 438 e
 seguenti del c.p.p.;
    Ritenuto  di  dovere sollevare d'ufficio questione di legittimita'
 costituzionale  delle  norme  relative  all'istituto   del   giudizio
 abbreviato (art. 439, 440 e 442 del c.p.p.) nella parte in cui:
       a) non prevedono che il p.m. debba motivare il proprio dissenso
 dalla richiesta di giudizio abbreviato formulata dall'imputato;
       b)  non  prevedono  la possibilita' che il giudice - g.i.p. e/o
 giudice dibattimentale, eventualmente all'esito  del  dibattimento  -
 disattenda il dissenso del p.m. e applichi, conseguentemente, in caso
 di condanna, la riduzione di pena di cui all'art. 442, secondo comma,
 del c.p.p.;
    Ritenuto che la non manifesta infondatezza della questione risulta
 dalla motivazione  stessa  delle  due  citate  sentenze  della  Corte
 costituzionale  e  che  tale non manifesta infondatezza si rileva nel
 raffronto con i parametri costituzionali degli artt. 3, primo  comma,
 24,  1º  e  2º  comma,  101,  secondo  comma, 111, primo comma, della
 Costituzione (quest'ultimo parametro nel senso che  un  provvedimento
 giudiziario non motivato del p.m. che si traduca, automaticamente, in
 contenuto, seppure parziale, della  decisione  del  giudice  comporta
 che,  per  questa  parte,  il  provvedimento  giurisdizionale non sia
 motivato);
    Ritenuto,  infine,  che  la  rilevanza della questione nel caso in
 oggetto appare indubitabile, atteso  che  la  mancata  ammissione  in
 questa  sede  del giudizio abbreviato si riflette immediatamente - in
 forza del disposto degli artt. 533 in relazione artt. 456, 457 e  458
 del  c.p.p.,  nonche'  art.  442,  secondo  comma, del c.p.p. - in un
 diverso e deteriore trattamento sanzionatorio  in  caso  di  condanna
 dell'imputato;